- Scusa la curiosità, ma come ti è venuto in mente un centro di galleggiamento?
La prima volta che ho sentito parlare della vasca di galleggiamento è stato in un libro thriller fantascientifico. In questo libro uno scienziato pazzo obbligava la figlia a rimanere chiusa in una vasca di “deprivazione sensoriale” come viene chiamata scientificamente, al fine di sviluppare poteri ESP o paranormali. Dopo più di 10 anni l’idea di questo spazio privo di percezioni fisiche, atemporale in cui le capacità latenti umane venivano amplificate, ancora viveva in me e mi affascinava. Avevo addirittura pensato di costruire io stesso una cosa del genere, e invece con mia grande sorpresa ho scoperto non solo che la vasca non è fantascienza, ma anzi che viene usata in tutto il mondo a scopo terapeutico per le incredibili prerogative del galleggiamento. Da qui il passo è stato breve. Inoltre ho scoperto che nel 1980 è uscito anche un film che parla degli esperimenti del primo sperimentatore della vasca, John C. Lilly. Ebbe anche un discreto successo in Italia, col nome di Altered States – Stati di Allucinazione, in cui un giovane William Hurt interpretava uno scienzato che, animato dalla ricerca ossessiva del sé, sperimentava in prima persona gli effetti della deprivazione sensoriale in associazione con gli effetti di alcuni funghi allucinogeni usati dalle tribù messicane (v. C. Castaneda – A scuola dallo stregone). La combinazione di queste due cose lo portava a regredire biologicamente fino a trasformarsi in una scimmia. A parte l’esito poco credibile, quello per cui colpisce il film sono le sequenze di effetti speciali in un’epoca in cui ancora era lontana la computergrafica di oggi.
- Allora è solo per via del fascino della fantascienza che hai creato questo centro, o c’è dietro dell’altro?
Non è solo per una superficiale attrazione per le cose fuori dal normale per cui è stato creato Oceanmind. Dietro al discorso del puro benessere fisico, che per molte persone già rimane difficile da conseguire, c’è un discorso più profondo che riguarda l’esplorazione della coscienza umana. La vasca rappresenta uno strumento utilissimo per chi oltre a voler ripristinare un equilibrio psico-corporeo vuole andare a ricercare i confini della propria coscienza, esplorando quella parte di sé che generalmente è di difficile accesso. Lo stato mentale che si aquisisce all’interno della vasca è paragonabile a quello di un monaco tibetano che per anni pratica la meditazione seguendo una ferrea disciplina spirituale che abbraccia ogni lato del vivere quotidiano. Nella vasca in maniera semplice e spontanea, senza obbligarsi a severe regole di disciplina, senza modificare il proprio modo di vivere in maniera forzata, è possibile sperimentare quello stato di pace assoluta che in oriente chiamano Samadhi. La mia ricerca personale mi ha portato alla meditazione ancor prima che il galleggiamento entrasse nella mia vita, e nella vasca ho trovato un mezzo utilissimo per sondare il territorio sconosciuto e misterioso che è la mente umana. Come dice lo stesso Lilly: “Nella provincia della mente non ci sono confini”.
- A cosa porta questa esplorazione della coscienza?
Le ricerche effettuate dallo stesso Lilly hanno raggiunto delle conclusioni abbastanza chiare. E’ la mente stessa a decretare i propri limiti. Ovvero tutto quello che la mente crede come vero lo diventa entro certi limiti stabiliti per via sperimentale. Questi limiti a loro volta sono ulteriori convinzioni che vanno trascese. E’ una maniera per dire che la nostra mente percepisce la realtà esterna attraverso dei parametri che si autoimpone. Se modifichiamo questi parametri la mente avrà una percezione del mondo del tutto diversa. Esplorare la propria coscienza vuol dire individuare quali sono i limiti o le regole a cui sottostà la nostra mente. Una volta trovate, è possibile modificarle per cambiare il nostro modo di percepire la realtà. Per fare un esempio concreto, se noi siamo convinti che il mondo ce l’ha con noi, la mente non farà altro che percepire indizi nella realtà esterna che convalidano questa idea. Se modifichiamo questa idea, automaticamente la mente percepirà un mondo meno ostile. La vera chiave al benessere è trovare le nostre regole personali, analizzarle e modificarle là dove ne sentiamo il bisogno. E’ un’autoanalisi che possiamo fare senza un aiuto esterno, quindi non si corre il rischio di essere plagiati o soggiogati da un intervento estraneo che in ogni modo va ad interferire con i nostri propri meccanismi interni. Il famoso detto “Conosci te stesso” è alla base di questa ricerca.
- Quali sono le altre implicazioni dell’individuare i limiti della nostra mente?
Il mondo che noi percepiamo ci è stato “insegnato” per primi dai nostri genitori, successivamente dagli amici, parenti e in maniera più ampia dalla società di cui facciamo parte. Il modo in cui noi vediamo le cose, non è quindi originale, ma ricalca il modello prevalente nella nostra società. Conosciamo bene quelle che sono le contraddizioni del nostro mondo occidentale, e la visione pragmatica e materialista che lo permea. L’uomo occidentale è portato a non credere più in nulla ma ad essere scettico su ogni manifestazione che non sia concreta e tangibile. Ed è proprio questo scetticismo che ci nasconde quanto di magico e incredibile è costantemente sotto i nostri occhi. Se impariamo a deautomatizzare il modo in cui percepiamo la realtà, questa può regalarci inaspettate meraviglie. La maggior parte delle nostre idee sono soltanto opinioni ereditate da un mondo sbagliato, disumano, che noi prendiamo per scontate. E’ ora di cambiarle queste idee e di rendersi conto che il mondo è migliore di quello che ci raccontano, che l’essere umano stesso ha ben più meravigliose capacità nascoste al suo interno di quante neanche si immaginino. E che un mondo straordinario si nasconde nel posto più vicino a noi, la nostra mente.
- Quali sono queste capacità straordinarie di cui parli?
Credo che tutti più o meno abbiano sperimentato nella vita, anche solo una volta qualche cosa di inspiegabile. Sogni premonitori, messaggi telepatici di persone care, sensazioni inspiegabili di qualche pericolo imminente poi manifestatosi, coincidenze talmente impressionanti da sembrare veri e propri segni del destino. Tutte queste cose, e mille altre di cui si potrebbe parlare non sono frutto del caso ma sono briciole dei poteri latenti degli esseri umani. Il problema è che la nostra cultura nega a priori l’esistenza di qualcosa del genere, per cui ogni piccolo evento che ha anche appena l’aria di qualcosa di paranormale diventa oggetto di scherno e viene tacciato di superstizione. E’ così che nella nostra cultura si afferma una dominante scettico-materialista. Ma solo perché certe cose non si toccano non è detto che non esistano. Se chiedeste ad un cieco se esistono i colori, lui vi direbbe di no, perché non ne ha esperienza. Ma voi che avete la vista ben sviluppata avreste una diversa opinione. Allo stesso modo gli esseri umani in genere sono “ciechi” di fronte a manifestazioni per le quali i nostri comuni sensi sono insensibili. Ma questo non vuol dire che non esistano. Bisogna solo imparare a risvegliare queste capacità, a destare il nostro potenziale segreto.
- E come è possibile fare ciò?
I modi per raggiungere ciò potrebbero essere molti. Ma il requisito fondamentale è quello di arrivare a conoscere il proprio sé, la scintilla divina che risiede in noi, attraverso una sincera ricerca spirituale che basa le proprie idee sui risultati dell’esperienza anziché su qualcosa detto da altri. Non è questa la sede per aprire un dibattito, ma semplicemente un’occasione per dire che dobbiamo lasciare la nostra mente libera da pregiudizi e preconcetti, per lasciare che l’inspiegabile accada.
- Ma che centra tutto questo col galleggiamento?
Il galleggiamento è solo un mezzo. Può essere uno strumento di bellezza, perché ci rilassa, ci distende. Ci allevia dalle fatiche quotidiane. Può essere uno strumento terapeutico per chi ha dolori, per chi ha dipendenze negative, per chi ha bisogno di fermarsi da una vita caotica e senza senso. Ma è anche uno strumento di ricerca spirituale dell’uomo su se stesso. Un mezzo per sondare un terreno ancora poco conosciuto che è il nostro interno. E quando la ricerca si spinge oltre l’ignoto, qualche volta accade l’incredibile. Il nostro corpo privato della sensibilità lascia libera la mente di vagare, fluttuare in uno spazio che non è più fisico. E qualche volta il legame fra il corpo e la mente diventa così sottile, che questa, alleggerita, può finalmente uscire dalla sua prigione e iniziare a viaggiare oltre il tempo e lo spazio, in una nuova dimensione tutta da esplorare.
- Non stai mica dicendo che il galleggiamento induce viaggi extracorporei?
Di certo non basta entrare una volta nella vasca per liberarsi dal corpo e iniziare a fluttuarne fuori. E forse molte persone potrebbero non riuscirci neanche dopo una vita di tentativi. E’ un’idea, un suggerimento da prendere in considerazione. E’ il consiglio di smettere di dare cose per scontate e provare a cercare nuove spiegazioni del perché la realtà è così com’è.